Virgilio: Codice di Parigi

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Virgilio: Codice di Parigi

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TITOLI ALTERNATIVI – Publius Vergilius Maro: Bucolica, Georgica, Aeneis, Appendix Vergiliana – Virgilio: Codice di Parigi – Virgilio Sanudo – Virgil: Paris Codex – Sanudo Virgil – Virgile : Codex de Paris – Virgile Sanudo – Publio Virgilio Marón: Bucólicas, Geórgicas, Eneida, Appendix Vergiliana – Vergil: Eklogen, Georgica, Aeneis, Appendix Vergiliana.
CARATTERISTICHE FISICHE – Manoscritto in pergamena, formato 260 x 169 mm., 231 carte (462 pagine), taglio dorato.
LEGATURA – Coperta in pelle, controguardie marmorizzate, due guardie cartacee anteriori e due posteriori, decorazioni in oro ai piatti, al dorso e sul labbro davanti e superiore, cinque nervature con scritta Virgilii sulla seconda casella dall’alto e cartiglio con la segnatura LAT. 7939A applicato sull’ultima in basso.
ORIGINE – Il manoscritto è stato prodotto in Italia, per l’esattezza a Ferrara. Al momento della confezione del codice, infatti, il copista – e committente – Leonardo Sanudo, un colto patrizio veneziano di trentatré anni, era di stanza alla corte di Borso d’Este, dove stava svolgendo le funzioni di Vicedomino della Repubblica di Venezia. Queste informazioni sono riportate dallo stesso Sanudo nel colophon dell’Eneide (c. 216v).
DATAZIONE – XV secolo. Guardando al colophon dell’Eneide (c. 216v), oltre al dato geografico, ricaviamo il dettaglio inerente la datazione del manoscritto. Il copista-committente Sanudo ci fornisce infatti delle informazioni molto dettagliate: «Publii Virgilii Maronis Eneidos XIIs et ultimus exp. manu Leonardi Sanuti pro inclito Venetorum dominio tunc Ferrarie vicedomini. MCCCC.L.VIII.die decimo octobri». La copiatura del manoscritto quindi, almeno per la parte relativa all’Eneide, è stata terminata il 10 ottobre del 1458.
COMMITTENZA – Leonardo Sanudo (o Sanuto), un giovane e colto patrizio veneziano, rivestì il triplice ruolo di copista, comittente (per quanto riguarda il ricco apparato di miniature) e primo proprietario del codice. In qualità di committente fece raffigurare dai miniatori il proprio stemma gentilizio, consistente in uno scudo d’argento con banda azzurra. Tuttavia, diversamente dalla consuetudine, secondo cui lo stemma del committente veniva posto in un fregio in apertura di libro, quello del Sanudo lo vediamo comparire solamente alla c. 60r, sulla pagina incipitaria dell’Eneide. Come interpretare questa scelta inusuale? Forse il progetto iniziale del manoscritto prevedeva la copiatura della sola Eneide? Probabilmente il motivo è un altro, ovvero che il Sanudo ha voluto in questo modo dare un maggiore risalto all’opus maius virgiliana. Anche una seconda anomalia si riscontra per quanto concerne la collocazione dello stemma all’interno del codice: invece che posizionato sul bas de page – sempre secondo quello che era l’uso -, lo stemma si trova sul margine destro, in alto. Come mai? Una probabile spiegazione ci viene osservando che i due geni alati che sorreggono lo scudo dei Sanudo, volgono lo sguardo verso i tre personaggi (Enea, e presumibilmente Acate ed Ilioneo) raffigurati nella iniziale sulla sinistra. Sembra quasi, allora, che le scelte operate dal committente (la posizione dello stemma e lo sguardo dei geni alati) siano state motivate dal desiderio di accostare in chiave dialettica le vicende dell’eroe virgiliano a quelle del ricco committente patrizio.
PROPRIETARI SUCCESSIVI- Il figlio di Leonardo, Marin Sanudo il Giovane (1466-1536), ereditò il prezioso codice dal padre. Marino Sanudo fu quel famoso diarista e cronista di Venezia, autore – tra le altre opere – della Descrizione della Patria del Friuli. Successivamente il manoscritto entrò a far parte della collezione di Paul Pétau, in latino Paulus Petavius (1568-1614), e tramite suo figlio Alexandre, che vendette in più fasi la collezione paterna, venne acquistato nel 1699 dal re di Francia, tramite il suo bibliotecario Nicholas Clément.
COLLOCAZIONE ATTUALE – Dopo la vendita al bibliotecario del re di Francia, Nicholas Clément, il Virgilio Sanudo non è stato oggetto di ulteriori spostamenti, dato che la Bibliothèque Nationale de France (BnF), dove attualmente è conservato, ebbe origine dalla biblioteca reale.
GENERE – Letteratura.
CONTENUTO – Il Virgilio Sanudo contiene l’intero corpus (Bucoliche, Georgiche, Eneide, Appendice Virgiliana) delle opere di Publio Virgilio Marone (70 a.C. – 19 a.C.), con l’aggiunta del Donatus auctus (una variazione risalente al XV secolo della Vita Vergilii di Elio Donato, il grammatico romano del IV secolo il quale si era a sua volta basato sulla biografia scritta da Svetonio nel De viris illustribus), degli Argumenta Vergiliana (una serie di argumenta paratestuali alle tre opere principali), e di un nutrito apparato di glosse e postille (glosse interlineari, glosse marginali ed un commento continuo da attribuire a Servio, in corrispondenza dell’Eneide).
LINGUA – Latino.
SCRITTURA – Nella scrittura del Sanudo è possibile individuare il graduale passaggio dalla littera textualis (la scrittura gotica) alla littera antiqua (la scrittura umanistica, sviluppata nel XV secolo prendendo a modello la minuscola carolina). Sebbene infatti la scelta operata dal copista è stata chiaramente quella di adottare la scrittura minuscola di tipo umanistico, sono tuttavia evidenti le tracce della sua educazione alla littera textualis. E questo lo si nota non solo analizzando alcuni specifici tratti della sua scrittura, ma anche osservando una maturazione nello stile che si palesa lungo tutto il codice.
COPISTA – Come diffusamente illustrato, Leonardo Sanudo fu – oltre che committente delle miniature – anche copista del codice. È forse opportuno specificare che l’elegante mano del Sanudo non era quella di uno scriptor professionista, bensì di un copista amatoriale.
DECORAZIONE – Il manoscritto si caratterizza per la sontuosità del corredo illustrativo (composto da oltre 80 miniature) e di tutto l’apparato ornamentale. Iniziali istoriate fitomorfe o zoomorfe su sfondo in lamina d’oro, sono posizionate all’inizio delle Bucoliche (c. 1r), in apertura dei quattro libri delle Georgiche (cc. 13v, 22r, 30v, 38v), e come marcatori dei dodici libri dell’Eneide (cc. 60r, 72r, 85r, 96v, 108r, 122r, 136v, 149v, 161r, 174r, 188v, 203r). Questi capilettera sono inoltre affiancati da fregi a filigrana sul margine, con foglie, fiori e piccole sfere in oro. Ulteriori capilettera fogliacei a colori, su campo esterno in lamina d’oro e con fregio filigranato, sono posizionati lungo tutto il codice ad evidenziare le sezioni minori, secondo uno schema che prevede marcature differenti a seconda della rilevanza del testo contrassegnato (si veda ad es. la c. 48r, dove Sanudo trascrive il testo del Moretum, carme in 122 esametri che apre la sezione dell’Appendix Vergiliana). Possiamo infine contare oltre 90 capilettera in oro su fondo filigranato blu oppure rosso (si vedano ad es. le cc. 56r e 84v). Non è superfluo far notare come anche l’uso degli inchiostri abbia un risvolto decorativo non indifferente: si veda l’uso dell’inchiostro rosso (ad es. alla già menzionata c. 84v) ma soprattutto di quello d’oro (per cui si vedano, a titolo di esempio, le cc. 58r-59r), che denota l’ampia disponibilità economica del Sanudo. Concludendo con il ricco apparato di miniature in bas de page, possiamo contare tre miniature tabellari in cornice dorata con fregio filigranato (cc. 60r, 72r, 85r) e ben 63 vignette a penna ed acquerello, che illustrano il già citato Moretum (c. 48r) e molte sezioni dell’Eneide.
MINIATORI – Le miniature del codice sono opera dei due artisti Giorgio d’Alemagna e Guglielmo Giraldi Magri, affermati artisti della loro epoca che tra i propri committenti poterono vantare molti personaggi illustri. Una chiara documentazione archivistica cancella qualsiasi dubbio che potrebbe sorgere circa l’attribuzione delle miniature ai due artisti: sul Libro dei conti del Sanudo sono infatti attestati i pagamenti eseguiti a favore del «maistro Zorzi tedesco» (Giorgio d’Alemagna) e del «maestro Vielmo pintor» (Guglielmo Giraldi). Tra il 1455 ed il 1461 lavorarono entrambi alla prestigiosa Bibbia di Borso d’Este, una delle più alte opere di miniatura del Rinascimento italiano. Presso la corte estense Giorgio d’Alemagna aveva precedentemente lavorato anche per Leonello d’Este (1407-1450). Il Giraldi invece, oltre che a Ferrara, lavorò a Mantova e ad Urbino. Qui il duca di Urbino, Federico da Montefeltro (1422-1482), gli commissionò una Divina Commedia (il Dante Urbinate): un’opera imponente, che certamente appassionò ed esaltò il Giraldi, che fu conoscitore ed ammiratore della Commedia di Dante Alighieri.
STILE – Rinascimentale.
LINK ESTERNI – Bibliothèque Nationale de France (manoscritto digitalizzato) – Bibliothèque Nationale de France (Archives et manuscrits).

Scheda tecnica: Illuminated Facsimiles

Marin; ecloghe; egloghe; Maurus; 15° secolo; bucolicon liber

EDIZIONE IN FACSIMILE

Riproduzione a colori a grandezza naturale dell’intero documento originale. Il facsimile riproduce il più fedelmente possibile le caratteristiche materiali del documento originale allo scopo di sostituirlo nella ricerca scientifica e nelle raccolte del collezionista bibliofilo. La rifilatura e la composizione delle carte riproducono il profilo e la fascicolazione del documento originale. La rilegatura corrisponde a quella del documento originale così come si presenta nel momento attuale.
Editore – Istituto della Enciclopedia Italiana – Treccani (Roma, 2017).
Collana – Tesori Svelati.
Tiratura limitata – Edizione in facsimile realizzata in 499 esemplari contrassegnati con numerazione a mano da 1 a 499. Altri 10 esemplari non venali in numerazione romana sono riservati all’Istituto della Enciclopedia Italiana.
Certificato – Il certificato di autenticità al colophon presenta la firma di Franco Gallo (Presidente dell’Istituto della Enciclopedia Italiana dal 16 febbraio 2014).
Supporto – Carta pergamenata.
Legatura – Coperta in pelle corrispondente all’originale.
Commentario – Volume di commento in italiano, formato in-quarto, 147 pagine, foto a colori. Presentazione e testi di Massimo Bray, Luciano Canfora, Gennaro Ferrante, Andrea Mazzucchi. ISBN 978-88-12-00642-7.
Cofanetto – Teca in plexiglas.

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Treccani