Acerba di Cecco d’Ascoli

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Acerba di Cecco d’Ascoli

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TITOLI ALTERNATIVI – Francisci Asculani Acerba – Liber Acerbe Etatis – Liber Acerbe Vitae – Acerba di Cecco d’Ascoli – Acerba by Cecco d’Ascoli – Acerba par Cecco d’Ascoli – Acerba des Cecco d’Ascoli – Acerba von Cecco d’Ascoli.
CARATTERISTICHE – Codice membranaceo, formato 201 x 278 mm, carte IV-83-III (180 pagine).
LEGATURA – Come tutti i mss. del fondo Plutei della Laurenziana, il pluteo 40.52 venne rivestito della legatura alle armi medicee quando, nel 1571, la biblioteca venne aperta al pubblico per volere del granduca Cosimo I (1519-1574). La legatura attuale è però una legatura di restauro, realizzata nell’Ottocento su imitazione di quella del XVI secolo. Le borchie centrali e gli otto cantonali sono invece quelli originali, in quanto recuperati dalla precedente coperta. Il fondo Plutei viene così chiamato perché i codici che ne fanno parte sono stati collocati in appositi banchi (plutei).
ORIGINE – Il manoscritto è stato prodotto in Italia ma non c’è unanimità tra gli studiosi circa l’esatta provenienza. Prima del saggio di Giordana Mariani Canova (presentato nel volume di commento al facsimile) la propensione è sempre stata quella di considerare il pluteo 40.52 un codice di provenienza padovana, senza tuttavia che motivazioni particolarmente solide avallassero tale lettura. Il saggio appena citato invece, alla luce dell’analisi del complesso apparato decorativo, è favorevole all’ambito lombardo. A parte una generale analisi stilistica e l’individuazione di elementi che si possono cogliere andando ad analizzare le singole miniature (si veda ad es. il sole a raggi ondulati che compare sullo sfondo della miniatura a c. 13r, e che richiama la Raza Viscontea, simbolo araldico della famiglia Visconti), a far propendere per la configurazione lombarda del laurenziano sono in estrema sintesi due elementi, tra loro peraltro contigui. Da una parte l’interesse per la natura, che nell’Acerba trova forma nel bestiario illustrato al terzo libro, e che in area lombarda trova espressione nei diversi tacuina sanitatis ed erbari, tra cui il ben noto Historia Plantarum oggi conservato alla Biblioteca Casanatense di Roma. Dall’altra l’influenza che si coglie, soprattutto nelle miniature del citato bestiario, dall’opera di quel Giovannino de’ Grassi che fu il miniatore più produttivo della corte dei Visconti: si vedano a tale proposito il già citato Historia Plantarum, ma anche il Libro d’Ore miniato per Gian Galeazzo Visconti alla fine del XIV secolo, e soprattutto il bellissimo Taccuino di Disegni.
DATAZIONE – Il codice è stato prodotto tra la fine degli anni Ottanta ed i primi anni Novanta del XIV secolo.
COMMITTENZA – Alla c. IVv compare uno stemma araldico, sormontato da un elmo con un cimiero in forma di caprone. Purtroppo un indizio così diretto circa quello che probabilmente fu il committente del manoscritto resta sostanzialmente inutilizzabile, perché ad oggi non è ancora stato possibile identificare lo stemma. Alcune ipotesi sono state fatte (tra cui quella che lo vuole riconducibile alla famiglia Lupi di Soragna) ma nessuna può essere ritenuta esauriente la questione della committenza.
PRECEDENTI SUCCESSIVI – Alla c. IVr si legge una scritta: «1470. Questo libro di Cecho dascholi sie di fran (ces)co di f[…]ge[…]se preso per fiorini sei larghi». Così come l’impossibilità di identificare lo stemma alla c. IVv non ci permette di conoscere il committente, purtroppo anche questa scritta, pur fornendoci la preziosa informazione che nel 1470 il manoscritto fu oggetto di acquisto «per fiorini sei larghi», rimane un indizio incompleto, perché il nome dell’acquirente resta sconosciuto. Un probabile terzo possessore invece, prima che il codice entri a far parte della collezione della famiglia Medici nel XVI secolo, fu Giovanni Mazzuoli da Strada (1480-1549), conosciuto anche come lo Stradino. Lo Stradino infatti, a motivo della profonda devozione che lo legò prima a Giovanni dalle Bande Nere (1498-1526), e poi a suo figlio Cosimo I de’ Medici (1519-1574), trasmise a mezzo testamento la sua collezione di circa 200 manoscritti alla famiglia Medici: il pluteo 40.52 potrebbe essere quello che nell’Inventario della Guardaroba Medicea è stato annotato come «Libro di Cecco d’Ascoli».
COLLOCAZIONE ATTUALE – Attualmente il codice fa parte del fondo Plutei della Biblioteca Medicea Laurenziana di Firenze.
GENERE – Trattati / Libri secolari, Astronomia / Astrologia, Bestiari, Letteratura.
CONTENUTO – Il codice riporta il testo de L’Acerba, l’opera più famosa di Francesco Stabili di Simeone, più comunemente noto come Cecco d’Ascoli (1269-1327), medico e astrologo tra le figure più controverse del suo tempo. Opera rimasta incompiuta, perché a motivo delle sue opinioni giudicate eretiche, Cecco verrà condannato al rogo prima di poterla terminare, L’Acerba è un trattato allegorico-didattico in forma poetica, scritto in volgare, e suddiviso in cinque libri (l’ultimo incompiuto). Non è semplice definirne il contenuto, poiché tratta argomenti o comunque espone una serie di informazioni molto varie, ragion per cui è probabilmente più utile passare direttamente in rassegna i temi trattati nei singoli libri. Il primo libro concerne la descrizione del cosmo, degli elementi e di alcuni fenomeni naturali. Il secondo libro mostra come vizi e virtù umane siano influenzate dal cosmo appena descritto: «Torno nel campo de le prime note / Dico che ciò ch’è sotto ‘l ciel creato / Depende per vertù de le sue rote». Il terzo libro è un autentico bestiaro, seguito poi da un breve lapidario. Come accade in ogni bestiario medievale l’intento non è scientifico (almeno non lo è secondo un’accezione moderna), ma moraleggiante: gli animali ed i loro comportamenti sono descritti unicamente perché l’uomo ne tragga spunto per le proprie meditazioni. Il quarto libro tratta argomenti prevalentemente già affrontati. Il quinto libro (quello rimasto incompiuto) tratta della Trinità e della creazione delle anime. L’Acerba è stata anche definita anti Commedia, a motivo del fatto che in essa Cecco si scaglia contro la poesia, particolarmente contro la Commedia di Dante Alighieri, che egli vede come la negazione della scienza vera. «Qui non si sogna per la selva oscura» scrive polemicamente Cecco, richiamando il noto verso dantesco. È interessante notare come L’Acerba, con gli oltre cento manoscritti di cui oggi disponiamo e che ne hanno tramandato il testo, sia seconda solamente alla Divina Commedia per numero di testimoni. Le ultime carte del codice (cc. 78r-82v) riportano l’opera in latino De quodam modo physionomiae, che anche se con varie incertezze, viene solitamente attribuita a Cecco d’Ascoli.
LINGUA – Italiano, Latino.
SCRITTURA – Littera textualis.
COPISTA – Vergato da una sola mano.
DECORAZIONE – L’apparato decorativo è ricco e di alta qualità: conta oltre 70 miniature, iniziali filigranate, rubricature. Le miniature più interessanti sono quelle del secondo e terzo libro. Del secondo libro si segnalano in particolare la miniatura a c. 13r che apre il secondo capitolo De formatione humane creature, in cui è raffigurata la scena della Infusione dell’anima ad Adamo; le personificazioni delle quattro virtù cardinali (cc. 17v, 18v, 19r, 20r); la rappresentazione delle virtù secondo la loro derivazione astrale (cc. 20v-23v) e poi dei vizi (cc. 24v, 31r). Le miniature del bestiario contenuto nel terzo libro sono quelle che maggiormente risentono dell’influenza di Giovannino de’ Grassi: in particolare del suo Taccuino e dell’Historia Plantarum. Infine si segnalano: lo stemma araldico purtroppo non identificato (c. IVv); Cecco seduto in cattedra come dottore e maestro (c. 1r); due arbores virtutum disegnate a penna (cc. IIIv, 83v); il disegno incompleto di un quadrifoglio, sempre a penna (c. 83r).
ARTISTA – Le miniature sono probabilmente opera di due artisti principali. Un artista di maggior talento, che potremmo chiamare Maestro dell’Acerba, certamente autore -tra le altre- delle bellissime miniature alle cc. 13r e 17v. Ed un suo probabile collaboratore, che ad esempio possiamo riconoscere nelle miniature alle cc. 19r e 26v. Altre mani pur sempre provenienti dalla stessa bottega dimostrano di aver preso parte ad alcune miniature.
STILE – Gotico.
LINK ESTERNI – BML-Teca Digitale (manoscritto digitalizzato).

Scheda tecnica: Illuminated Facsimiles

Etas; Cerba; 14° secolo; anticommedia

EDIZIONE IN FACSIMILE

Il facsimile è una riproduzione a colori a grandezza naturale dell’intero manoscritto originale e ne riproduce il più fedelmente possibile le caratteristiche materiali, allo scopo di sostituirlo nella ricerca scientifica e nelle raccolte del collezionista bibliofilo. Il taglio e la composizione delle carte riproducono il profilo e la fascicolazione del manoscritto originale. La rilegatura corrisponde a quella del manoscritto originale così come si presenta nel momento attuale.
EditoreEditalia – Istituto Poligrafico e Zecca dello Stato (Roma, 2006).
Collana – Mappe e facsimili.
Tiratura limitata – Il facsimile è stato impresso in 500 esemplari con numerazione araba da 001/500 a 500/500, e in 30 esemplari con numerazione romana da I/XXX a XXX/XXX.
Supporto – Carta speciale, inalterabile nel tempo, fabbricata dalle Cartiere Miliani-Fabriano.
Legatura – Mezza pelle rossa; cantonali e borchia centrale su entrambi i piatti, che raffigurano lo stemma della famiglia Medici a sei bisanti (o palle); etichetta incorniciata sul piatto frontale con autore e titolo; due fermagli di chiusura.
Commentario – Volume di commento in italiano, formato in-quarto, 83 pagine. Saggi di: Ida Giovanna Rao, Giordana Mariani Canova.
Cofanetto – Un contenitore in forma di libro custodisce insieme il facsimile ed il volume di commento.
ISBN – 8824010210.
EAN – 9788824010214.

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